Racconto di Laura Cherri
SPIRITO NATALIZIO

Racconto di Laura Cherri

Jonathan Duke varcò la soglia del centro commerciale con l'intenzione di rubare qualcosa. Salì al primo piano ed entrò nel negozio di dischi. Cominciò a curiosare tra le centinaia di CD esposti in ordine alfabetico sugli scaffali, stando ben attento agli spostamenti dei commessi e al viavai dei numerosi clienti. Arrivato alle canzoni per bambini, si diede una rapida occhiata in giro. Quindi allungò una mano, afferrò un CD e lo fece scivolare nella tasca del cappotto.
Resistette alla tentazione di sorridere in uno sfogo di esultanza e si avviò veloce verso l'uscita. Pochi passi oltre la soglia e l'allarme cominciò a suonare.
«Mi scusi» esclamò una voce maschile. Un uomo brizzolato ed elegante che sostava presso la cassa gli si fece incontro in tre rapide falcate. «Vorrebbe cortesemente rientrare nel negozio?» chiese. Jonathan tornò mestamente sui propri passi.
«Ha fatto qualche acquisto?» domandò l'uomo brizzolato, sorridendo per non più di due secondi mentre lo fissava con due enormi occhi neri pieni di sospetto.
«Io? No - rispose lui -. Ho solo dato un'occhiata».
«È sicuro?».
«Sicurissimo. Che diamine sta succedendo?».
L'uomo brizzolato si schiarì la voce e si guardò intorno. Si era formato un discreto capannello di curiosi che ora attendevano gli sviluppi della vicenda. L'uomo fece un cenno alla cassiera e l'allarme smise di suonare.
«Posso chiederle di ripassare gentilmente attraverso l'uscita?» domandò l'uomo. Jonathan fece quanto gli era stato richiesto e l'allarme tornò a farsi sentire.
«Qui abbiamo un problema», disse l'uomo brizzolato riconducendolo all'interno del negozio. Altro cenno alla cassiera e il fastidioso bip-bip fu messo a tacere.
«Io non ho fatto niente», protestò Jonathan.
«Devo chiederle di vuotare le tasche, per favore».
«Mi sta forse accusando di aver rubato?».
«Non la sto accusando di niente, signore.
L'allarme è scattato e quindi io devo accertarmi che...».
«Che io non abbia rubato niente».
L'uomo brizzolato, cosciente di avere su di sé ormai tutti gli occhi delle persone presenti nel negozio, compresse le labbra in un moto di nervosismo. «Se non ha nulla da nascondere, perché non vuota le tasche e la facciamo finita?» domandò, incenerendolo con lo sguardo.
Jonathan mise una mano nella tasca del cappotto e porse il CD all'uomo brizzolato. Tutte le teste dei clienti si sporsero in avanti per vedere meglio. Coniglietti bianchi, gnomi paffuti e fatine rosa sorridevano dalla copertina del CD.
«Bene - disse l'uomo brizzolato -. Adesso, se vuole gentilmente accomodarsi alla cassa...».
«Non ho i soldi per pagare», mormorò Jonathan a quel punto, ma non tanto a bassa voce da non poter essere udito da tutti i presenti.
«Allora è libero di andarsene», ribatté l'uomo brizzolato.
«Ma io ho bisogno di quel CD! - esclamò Jonathan all'improvviso, scoppiando in lacrime -. L'ho promesso a mia figlia che sta molto male! Ne ho bisogno! Veramente!».
L'uomo brizzolato fece una smorfia. «Questo non...».
«La prego! - gridò Jonathan tra i singhiozzi -. Mi hanno licenziato! Non ho un soldo! Non volevo rubare! Sono disperato! La mia bambina è molto malata! è Natale! La prego! Non ha dei figli, lei?».
«Sì, sono un padre di famiglia - rispose l'uomo brizzolato, visibilmente a disagio -. Ma sono anche il responsabile della gestione economica di questo negozio, e non posso assolutamente...».
«La prego!».
«Mi dispiace. Veramente. Non mi è possibile aiutarla».
Jonathan, a testa bassa, continuava a singhiozzare senza alcun freno. Una ragazza gli si avvicinò timidamente. Catalizzò in un attimo l'attenzione su di sé quando aprì la borsetta, ne tirò fuori il portafogli e depositò una banconota da un dollaro nella mano che era rimasta sospesa a mezz'aria in un gesto di supplica.
«Mi dispiace, ma non posso darle di più», mormorò la ragazza. Quindi si voltò verso coloro che stavano a guardare come per invitarli a imitare il suo gesto. Una buona parte dei clienti presenti nel negozio replicò il singolare atto di carità. L'uomo brizzolato si rigirava il CD tra le mani, cercando di capire dov'era mai l'imbroglio. Attese pazientemente che la colletta avesse termine e si avvicinò di nuovo a Jonathan.
«Desidera ancora acquistare il CD?» chiese.
Jonathan annuì e guardò le banconote che aveva in mano. L'uomo brizzolato intuì il suo disagio e prese delicatamente il denaro dalle sue mani.
Contò quindici banconote e gli riconsegnò il resto. Si avvicinò alla cassa, diede i soldi alla commessa che batté prontamente lo scontrino. CD e ricevuta fiscale finirono in un piccolo sacchetto con il marchio del negozio. L'uomo brizzolato tornò sui propri passi.
«Il costo della cassetta è di quindici dollari, ed è la cifra che io mi sono permesso di trattenere da questa inaspettata... donazione. Ecco il CD, regolarmente pagato come risulta dallo scontrino fiscale». E dopo aver pronunciato queste ultime parole a voce alta, di modo che gli altri clienti sentissero bene, rimase in silenzio ad aspettare che il ladro mancato si decidesse ad abbandonare il negozio.
Jonathan alzò finalmente lo sguardo. Riuscì a mormorare un ringraziamento, sinceramente commosso, prima di voltarsi e uscire.
Il gelido vento di dicembre gli diede il benvenuto quando uscì dal centro commerciale. Camminò lungo il marciapiede, abbottonandosi il capotto e asciugandosi le lacrime dal viso. La prima cosa che fece fu di gettare il sacchettino con il CD nel primo bidone della spazzatura che gli capitò a tiro. Poi entrò in un bar, si accomodò al bancone e ordinò un caffè. Si frugò all'interno del cappotto e ne estrasse un block notes e una penna.
Il giornalista Jonathan Duke cominciò così a scrivere: «Ma chi l'ha detto che lo spirito natalizio non esiste più? Sono appena stato protagonista di un evento che è riuscito inaspettatamente a commuovermi...».
Sarebbe stato un articolo strepitoso, uno di quelli memorabili. E questa volta il caporedattore non sarebbe stato lì a guardarlo dall'alto in basso, giudicandolo, come al solito, il giornalista più folle della redazione. Lui e i suoi travestimenti per vedere come reagiva la gente. Qualche mese prima, vestito da accattone, era riuscito a racimolare due dollari. Ora, alla vigilia di Natale, aveva ottenuto una cinquantina di dollari buoni buoni. Il tutto senza chiedere apertamente l'elemosina. Artefice del capolavoro? Un CD di canzoncine per bambini. Ovviamente anche le lacrime avevano fatto la loro parte, ma la messinscena non sarebbe servita proprio a niente in un qualsiasi altro periodo dell'anno. Era lo spirito natalizio, che diamine. Il buon vecchio spirito natalizio che resisteva ancora alle soglie del Duemila, in un mondo ipertecnologico, nell'era degli omicidi, degli stupri, delle guerre.
Jonathan Duke scriveva tanto veloce che la mano gli faceva male. Aveva paura di non riuscire a mettere nero su bianco le sensazioni che aveva provato mentre fissava la pila di banconote che cresceva a vista d'occhio nel palmo della sua mano. La solidarietà e la compassione nei suoi confronti da parte di perfetti sconosciuti, accompagnata da un rispetto che raramente gli esseri umani si concedevano l'un l'altro. Lo spirito natalizio. Sì, c'era ancora. C'era ancora qualcosa di buono nell'umanità.
L'articolo che stava scrivendo era perfetto. Perfetto perché spontaneo, profondamente sentito, sincero fino alla nausea, per un tipo come lui. Da molti anni non si sentiva così orgoglioso del proprio lavoro. Il fatto di aver giocato sporco per poter ottenere quel risultato non lo faceva sentire in colpa. Era stato un esperimento.
Un'esperienza che aveva fatto bene al suo animo e a quello di tutte le persone presenti nel negozio di dischi. E non lo preoccupava nemmeno l'eventualità che molte di quelle persone avrebbero potuto leggere il suo articolo e scoprire l'inganno, perché a quel punto si sarebbero sentite in pace con se stesse per aver donato un dollaro a un loro simile che avevano creduto in difficoltà. L'inganno non era poi stato un inganno se di mezzo non c'era un vero ingannatore. Jonathan ripose penna e block notes nella tasca interna del cappotto. Sapeva già cosa fare del denaro che gli era rimasto.
In fondo al vicolo buio, il barbone se ne stava rannicchiato nell'ombra di un vecchio e maleodorante cassonetto dell'immondizia. Dalla strada Jonathan riusciva a scorgerne solamente la sagoma indistinta, dato che, lungo il vicolo, i lampioni erano tutti spenti. Era Natale. Natale per tutti. La sola differenza la facevano i soldi, questa era la realtà. Abbandonò la rassicurante illuminazione della strada principale per immergersi nell'oscurità del vicolo. Si avvicinò con circospezione e si piegò verso il barbone. «Signore?» lo chiamò, pensando che il barbone non avrebbe mai risposto a qualcuno che lo chiamava «signore». Invece l'uomo si scosse al suono della sua voce e alzò la testa.
«Cosa vuoi?» domandò bruscamente.
Jonathan gli fece vedere i soldi che teneva nella mano e disse: «Io vorrei darle questi. È Natale. Si compri qualcosa da mangiare. Potrebbero anche bastarle a passare la notte in un albergo. Ce n'è uno da queste parti che...».
Jonathan non fece in tempo a finire la frase che già le banconote erano sparite. Attese un ringraziamento che non arrivò. Poi si disse che un grazie non era quello che gli serviva effettivamente. Gli sarebbe bastato il pensiero che il barbone vestito di stracci e mezzo morto di fame avrebbe avuto di che nutrirsi e un letto in cui dormire per quella notte.
«Buon Natale», disse con voce gentile, credendo fino in fondo a quell'augurio e sentendosi magnificamente bene. Diede le spalle al barbone e si avviò verso la strada illuminata. Non ci arrivò mai. L'uomo al quale aveva appena fatto l'elemosina lo aggredì e lo pugnalò alla schiena per quattro volte. Jonathan cadde bocconi sull'asfalto viscido del vicolo, sul viso ancora l'espressione serena che pochi istanti prima gli aveva illuminato gli occhi. Le mani rudi del barbone frugarono velocemente nelle tasche del suo cappotto, della giacca che portava sotto e in quelle dei pantaloni. Il block notes volò fuori dalla tasca interna e finì nella pozza di sangue che andava allargandosi sotto il suo corpo.
Jonathan lo guardò con occhi vitrei mentre le pagine si inzuppavano del liquido rosso. L'uomo sopra di lui continuava a cacciare le sue mani sudicie in ogni piega degli abiti che indossava. «Buon Natale anche a te, brutto bastardo», mormorò il barbone dopo che ebbe finalmente trovato il portafogli.
L'ultima cosa che sentirono le orecchie di Jonathan Duke furono i passi frettolosi del suo assassino che si dava alla fuga. L'ultima cosa che videro i suoi occhi furono i bagliori lontani delle vetrine. E l'ultima cosa che pensò Jonathan Duke, prima di morire, fu che, indubbiamente, il suo articolo andava riscritto.
Sì. Indubbiamente.

Copyright © 1999

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