Albo d'oro

 

SECONDO PREMIO TROFEO PENNA D'AUTORE
SEZIONE C (poesia dialettale)

ANTONIO GIORDANO di Palermo

BALLATA DI LIBERO GRASSI
(Piccolo industriale ucciso dalla mafia perché rifiutò di pagare il pizzo)
Due colpi di tuono. Breve buio. Una piazza. Musica popolare tradizionale. Entrano un uomo  con un cartellone in cui vi sono alcune figure che ricostruiscono il delitto di Libero Grassi, imprenditore palermitano ucciso dalla mafia perché aveva denunziato le minacce ricevute dai suoi estorsori  e si era rifiutato di pagare il “pizzo”. Appende il cartellone, posa un fiasco di vino su un muretto e si volge al probabile pubblico. 

Uomo: (In un italiano molto approssimativo) Venite, gente, venite! Signore, signori e ragazzini che insegnarvi certe cose non vi fa male. Io sono qui per raccontarvi la storia straordinaria di un uomo povero, innocente che voleva la libertà, la giustizia, la fratellanzia. A tipo la rivoluzione francese, mettiamo caso. Ma questo mischino (= poveretto) non aveva né potere né amici fidati. (Si fa solecchio con la mano) No, beddi (= belli) miei. In questi casi gli amici vengono dopo, dopo che è successo il fatto. Prima, mai. (Beve dal fiasco, forbendosi la bocca) Noi, usiamo la solidarietà del dopo. Qualche chianciutiedda (= pianterello), qualche funzione e un po’ di monetine ai politici. Che c’entrano i politici? Eccome se ci trasunu! Sutta sutta. però! (Sillabando) L’INDIGNAZIONE? IH! Poi! E prima? Ninni futtiemu (= ce ne freghiamo)! Stasera io vi canterò la ballata di Libero Grassi, un imprenditore ucciso dalla mafia, in un quartiere residenziale della Palermo bene, perché si era rifiutato di pagare il pizzo. (con voce affettata) Aveva fiducia nelle istituzioni! Che ne dite? Voi come vi comportereste? Attacca Curò!
 
 Mentre cominciano gli accordi l’uomo solleva una bacchetta, mostra il  primo quadro, via via gli altri, e inizia la sua storia. Essa può eseguirsi con una base, su musica da me composta sulla falsariga dell’usuale, secentesca, cantilena dei cantastorie.
Iu vi cuntu la storia di chistu
e di tutta a so povera genti
ca si misi, stu poveru cristu,
n’testa di non pavari tangenti.

Una fabbrica senza pritisi,
cu na pocu di bravi operai 
chi facevanu beddi cammisi
ca speranza di un chiuriri mai.

Li negozzi  accattavanu a robba, 
iddu buonu pagava la genti. 
La famigghia cu i picciuli addobba 
ed aviva i so boni clienti.

Ma 'un si po’  travagghiari in Palermu,
un ti po’  sulu rumpiri i rini;
ca à 'ncinsari, si un vo’ stari fermu
i politici er i malantrini.

E l’industria e u commerciu? Minchiati!
Ci su tanti persuni sfriggiusi
ca proteggiunu essendo pavati
e s’un paghi ti fannu i pirtusi.

Si nun paghi, si si abbutatizzu,
ti rialano i testi i craprettu.
Ca vordiri “si un paghi lu pizzu
ti sparamu n’to menzu du pettu”.

“Sugnu onestu, picchì ma scantari?
Iu non l’aiu vagnatu u carbuni
sugnu libero ed a’travagghiari,
senza aviri cavigghi e patruni”.

Ma la notti lu cori si schianta,
l’arma sua ririva e chianciva,
ca ddu jornu a nu pezzu i novanta
ci avia fattu una gran negativa.
L’omu giustu s’ava’ ribellari
e lu scantu nun movi giustizia
cu si scanta si fa supraffari,
ci av’a esseri unu ca inizia.

Puvireddu, stu santu cristianu
ca cririva di smuoveri l’armi,
ca rifiuta cu appara la manu
cu risorvi li casi cu l’armi.

Sona a sbegghia e si susi du lettu,
accussì scinni prestu a matina.
Un curnutu ci spara n’to pettu.
Iddu soffri, però si strascina.    

Nuddu viri e poi nuddu s’affaccia.
Li curnuti ci sparano n’testa.
N’to cimentu iddu sbatti la faccia.
Lettu i morti a cu fici protesta.

Tuttu chianci ma a fabrica chiui,
iddu puru si nchiui n’to tabbutu.
Nienti cancia s’un vulemu nui; 
puru tu caru miu si futtutu.

Iu cantavi pi vui stamatina,
d’omu apertu ca parra n’ta chiazza
e vui datomo 'na  monetina,
pi la storia d’un omu di razza.

TRADUZIONE IN ITALIANO - BALLATA DI LIBERO GRASSI - Vi racconto la storia di questo, / e di tutta la sua povera gente, / che si mise, questo povero Cristo, in testa di non pagare tangenti. Una fabbrica senza pretese / con un poco di bravi operai / che facevano belle camicie / sperando di non chiudere mai. I negozi acquistavano i loro prodotti, / egli bene pagava i dipendenti. / La famiglia con il denaro si barcamena / ed aveva i suoi buoni clienti. / Ma non si può lavorare a Palermo, / non puoi solo romperti le reni, / devi incensare se non vuoi stare fermo / i politici ed i malviventi. E l’industria e il commercio? Sciocchezze! / C’è tanta gente prepotente / che protegge dietro compenso / e se non paghi ti fanno i “buchi”. Se non paghi, se sei irritato / ti regalano teste di capretto, che significa “se non paghi il pizzo” / ti sparano in mezzo al petto. “Sono onesto perché devo temere? / Non ho la coda di paglia, / sono libero e devo lavorare / senza avere dipendenze e padroni”. Ma di notte il cuore si schianta / il suo spirito rideva e piangeva, / perché quel giorno ad un pezzo da novanta / aveva risposto negativamente. L’uomo giusto deve ribellarsi / e la paura non genera giustizia, / chi ha paura si fa sopraffare. / deve esserci uno che inizia. Poveretto questo sant’uomo/che cercava di smuovere gli animi, / che rifiuta chi tende la mano, / chi risolve i casi con le armi. Suona la sveglia e si alza dal letto, / così esce presto al mattino. / Un cornuto gli spara nel petto. / Egli soffre, però si trascina. Nessuno vede e poi nessuno si affaccia. / I cornuti gli sparano in testa. / nel cemento egli batte la faccia. / Letto di morte a chi ha fatto protesta. Tutto piange ma la fabbrica chiude / egli pure è chiuso nel feretro. / Niente cambia se non vogliamo noi, / pure tu, caro mio, sei fregato / Io ho cantato per voi stamattina, / d’uomo schietto che parla in piazza / e voi datemi una monetina, / per la storia di un uomo di razza. N.B. - Questa ballata è stata eseguita a Palermo, in Piazza dei Normanni (con musiche tratte dalla tradizione dei cantastorie del '600) da un giovane attore-cantastorie, alla presenza di numerose scolaresche, in occasione di una manifestazione contro la mafia. Dopo l’esecuzione molti bambini, innocenti e commossi, hanno offerto all’attore le monetine che avevano in tasca per la colazione…

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