Raccolta di racconti
      
    di Monica Fiorentino
      
    Pagine: 32
       Prezzo: 3,50 euro
       E-mail: non indicata
       Tel.: 333 9385362

    PROFILO DELL'AUTRICE

    MONICA FIORENTINO è nata il 03-10-1976. Scrive sin da bambina anche se solo dal 1999 ha cominciato a pubblicare raccolte in prosa e poesia. Ha partecipato con discreto successo a concorsi letterari in Italia e all'estero. Dal 2001 lavora sulla saga di Ali di carta che spera di completare. Ama le maschere e le orchidee.

     

    CARMEN ANGELO VERSO

    C’era una volta un Angelo dalle belle chiome corvine e le lunghe ali di bianco piumaggio tinte ai bordi di cangiante china rossa, di nome Carmen. Bella e sensibile, la creatura era ovunque conosciuta per gli incantevoli versi che nel creato scriveva e scolpiva, attenta osservatrice d’indole dolcissima, ricamatrice con le sue parole in ode dei pensieri più delicati e romantici, da tutti lusingata e apprezzata. Misteriosa nelle sue movenze, perennemente avvolta dal suo niveo velo che nulla lasciavano all’immaginazione delle sue belle curve, Carmen non lesinava mai una lirica a chi si mostrava sul suo cammino donandola con semplicità scritta su una foglia, sulla sabbia, o a filo d’acqua cristallina ed innocente. Figlia della romantica luna e del latte delle stelle più lucenti, generata da un canto d’amore intenso, Carmen con la sua penna dalla finissima punta mai lasciava al suo passaggio una pietra senza verso o un cielo senza ode, fiera e appassionata del suo scrivere che le scorreva vivo nel sangue.
    Ma un giorno mentre era intenta ai bordi del fiume a scrivere nell’aria un verso di sole lucente, un araldo a cavallo sorridendole benevolmente l’invitò d’improvviso a seguirlo al Castello, dove il giovane Principe aveva chiesto di lei, saputo delle sue doti ormai ovunque narrate. Reticente sulle prime, ma infine curiosa di sapere cosa una persona tanto potente desiderasse da lei, Carmen seguì l’ambasciatore salendo sul destriero anch’ella avvolgendo nelle sue gonne le tornite cosce nude. E giunta alla Reggia lo stupore dell’angelo fu enorme nel trovarsi dinanzi al futuro Re, accerchiata da numerosa altre persone coprenti le più alte cariche. Coperto il volto da una maschera di argento priva di espressione e un mantello nero a celarne totalmente le fattezze fisiche, con due stivali alti e informi che facevano echeggiare l’intera stanza di un sordido rumore cupo, senza nemmeno pregarla di sollevarsi dalla postura in ginocchio assunta da lei come di convenienza per rispetto verso colui che le stava di fronte, lui le spiegò subito il motivo per cui aveva dato ordine ai suoi banditori di cercarla. Desiderando che su di un drappo purpureo da tenere esposto fuori le cancellate, venissero scritti dei versi dedicati sulla sua figura di grande condottiero, aveva pensato a lei e convocata d’urgenza l’invitava da subito ad eseguire la commissione. Inorridita da tale proposta formulata senza rispetto alcuno verso la sua arte, che non nasceva certo a comando ma secondo un’ispirazione ben più alta e aurea e dal modo tanto perentorio con cui le era stato imposto, Carmen sollevandosi di botto fece per andarsene indispettita. Ma al comando del Principe due guardie la presero per le braccia e tenendola stretta la imprigionarono nelle segrete, affinché si avvedesse sulla sua decisione. Legata da pesanti catene, relegata al buio e accerchiata da numerosi topi senza proferire parola, l’angelo chinò il capo aspettando la notte. E al calare delle tenebre eludendo la sorveglianza, facendo ricorso alle sue doti angeliche Carmen forzando gli anelli di ferro si liberò da sola e veloce volò via dalla grata, scuotendo la testa furiosa. Ma puntando verso il cielo, udendo di colpo dietro i vetri della finestra della camera del Principe provenire triste un pianto sommesso, fermandosi a sbirciare, col cuore in gola la creatura vide il giovane nudo dinanzi allo specchio fissare il suo volto orribilmente sfigurato, privo in alcuni punti di pelle e dalle labbra arse, che mai avrebbero potuto essere fermati nel marmo a testimonianza eterna del suo splendore come in passato per altri suoi avi, singhiozzando a tratti di un dolore intimo e bruciante. E comprendendo quanto dolore albergasse in quel cuore che si fingeva duro per detenere fermo il comando, nascondendo a tutti il suo vero volto affinché non provassero pietà per la sua condizione, rossa in viso Carmen, entrando attraverso i vetri estrasse dal suo piumaggio una penna e sussurrando a lui di non muoversi, scrisse sulla sua schiena i versi più dolci che la sua anima aveva mai cantato, solo per lui. E terminata la sua opera abbracciandolo di spalle, respirò contro la sua guancia atrocemente sfigurata per un attimo lunghissimo il suo sospiro più profondo, bagnandolo con le sue lacrime d’amore più sincere, prima di volare via per sempre. Il Principe non fece mai scrivere su alcuno stendardo quei versi, che soltanto dalla sua schiena quando era in camera da solo la notte, leggeva riempiendosene il cuore e l’anima. Ed alla notizia della fuga dell’angelo non punì nessuno, ma sorridendo dietro la sua maschera celato, tornò ai suoi protocolli in silenzio.

     

     

    DETLEF ANGELO GUARDIANO

    C’era una volta un Angelo dalle belle ali di bagliori lucenti di cometa e i lunghi capelli castani, di nome Detlef. Custode alla nascita della piccola Rossella, Creatura Umana, era stato lui secondo gli ordini celesti a toglierla delicatamente dal grembo materno per poggiarla nella sala parto alle cure dei medici, affinché secondo le loro regole terrestri fosse pulita e medicata, tenendola da quel momento per mano giorno dopo giorno durante il percorso duro della crescita, aiutandola coi primi doveri scolastici, intrecciandole i capelli davanti allo specchio sciogliendole delicato i nodi, accompagnandola nella scelta dei primi trucchi e delle prime delicate calze in pizzo, stendendo attento il primo rimmel, carponi nel bagno a sostenerla una mattina di maggio nel primo doloroso conato di vomito dovuto il menarca sopraggiunto con troppa forza, arrossendo con lei alla misura piccola del reggiseno, muto ai piedi di quel letto il pomeriggio in cui veniva per la prima volta carezzata dal suo compagno di classe fra le gambe dischiuse e iniziata ai piaceri del sesso, con il cuore in gola. Sempre pronto, fedele, serio nei suoi impegni e forte, sì, terribilmente forte contro lo stesso sentimento che dentro segreto nutriva per lei che aveva accompagnato e cresciuto, innamorandosene perdutamente. Conscio del suo posto e della sottile linea che mai avrebbe dovuto oltrepassare, per non farle del male gratuitamente. Volendo per lei solo il bene.
    Ma una notte di novembre, scorgendola seduta sopra una panchina in strada in attesa del bus coi suoi libri sottobraccio, bellissima coi capelli corvini sciolti e il corpo diciottenne acerbo sotto la gonna a pieghe, non desiderando altro che scaldarle quelle manine diafane e farle per una volta sola compagnia prima di tornare a casa, proteggendola non più un’ombra ma vera carne Detlef con indosso un maglione bianco di lana e dei jeans sdruciti, con le ali ben piegate le apparve con uno zaino in spalla come uno studente qualsiasi e fermatosi dinanzi a lei trattenendo il cuore a mille, chiese se il pullman fosse già passato. Attratto da lui come da una forza irresistibile, la giovane gli sorrise dolcemente e scuotendo il capo gli fece posto accanto a lei. Bellissimo con quell’aria spaurita ed i suoi occhi smeraldo Detlef le sedette di fianco e cominciando a parlarle del tempo nuvoloso e del freddo, al giungere del bus aveva già raggiunto una certa intima confidenza con lei e l’aveva già fatta ridere numerose volte. Incapaci entrambi di scollarsi l’uno dall’altra continuando a parlare e scherzare salirono sul veicolo restando in piedi nello stesso punto, e quando una pioggia scrosciante iniziò a dilavare le strade buie Rossella chiese di riflesso a lui di seguirla a casa, per attendere che spiovesse e sapendo la camera di lei vuota a quell’ora senza riuscire e negarselo, lui le fu dietro. E sopra lo stesso letto dove lui l’aveva adagiata e cullata bambina, cosciente della sua verginità nonostante le numerose carezze provate, Detlef tenendole strette le mani nelle sue, palmo contro palmo, con dolore e gioia si spinse dentro lei con estrema dolcezza e quando muovendosi divennero tuttuno, amandola e ferendola al contempo l’angelo nudo aprì le sue ali per irradiarla della sua luce, aggrappata ad esse la giovane non desiderò altro, oltre quell’urlo di estatica gloria che saturò l’aria del loro orgasmo. Felice e incosciente. E addormentatasi fra le sue braccia nelle lenzuola entrambi avvolti, dopo averle leccato via il sangue dalle cosce come aveva fatto anni prima detergendole la pelle appena nata, Detlef dannando se stesso ed il suo amore lasciandola nel sonno, fuggì via. E quando al suo risveglio lei ricordò tutto, levandosi a sedere nel letto completamente persa senza di lui, Rossella pianse per la prima volta in silenzio le lacrime più amare della sua vita, innamorata del suo angelo perdutamente. Consapevole del suo gesto Detlef lasciò che la punizione lo colpisse feroce e sostituito con un altro angelo, che aiutò la giovane a divenire moglie e madre, accettò muto che gli furono strappate vive le ali e ridotte in polvere le carni, senza mai un lamento durante tutto il lungo supplizio.

    continua con altri racconti

    - VETRINA LETTERARIA -

     
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