Poesie di Isabella Michela Affinito
   Pagine: 37
   Prezzo: non indicato
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PREFAZIONE DELL'AUTRICE

Chissà perché nei ritratti degli arlecchini di Picasso c’è sempre, sui loro volti disegnata, la maschera della vita, cioè quella rassegnata e indurita espressione che fa di quei circensi delle vere e proprie icone della malinconia. Ho sempre amato quei volti che dovrebbero far sorridere e invece, col loro sguardo eternamente assente inducono a far riflettere sul vero significato della felicità. Essi sono gli acrobati, i giocolieri, i ballerini, i saltimbanchi, i giullari di un mondo che regala illusioni e colori di breve durata e Picasso li ha immortalati con tutto il peso delle loro fantastiche bugie raccontate dentro e fuori il tendone del circo. Il tredicesimo volume di "Una Raccolta di Stili" si apre con la "Ragazza di Maiorca", forse un’opera di Picasso fra le meno conosciute, ma di grande spessore artistico. Custodito presso il Museo Puskin di Mosca, il dipinto risale al 1905 e riguarda un’immagine femminile appartenente al variegato mondo degli artisti girovaghi. Secondo la mia elaborazione, la "Ragazza di Maiorca" non soffre più lo smarrimento interiore: lei ha assunto il portamento e l’eleganza di una donna tutt’altro che nomade e velleitaria, intricatamente inserita in un contesto altamente estroso e raffinato, così come l’avrebbe vista Gustav Klimt. Ma la "Ragazza di Maiorca" di Picasso resta comunque la ‘Gioconda blu’ di un periodo in cui l’artista si sentì estremamente infelice, abbattuto per le pessime condizioni finanziarie in cui versava, deluso dalla morte suicida dell’amico Casagemas caduto nel vizio dell’alcool. Tutte le opere artistiche facenti parte del famoso Periodo blu di Picasso, sono perlopiù autobiografiche e compaiono i volti amorfi degli arlecchini in assorta contemplazione, con un’infiacchita felicità negli occhi. Una lirica nel volume rende omaggio al quadro la "Ragazza di Maiorca" e a tutti quegli artisti che traggono la contentezza dall’eterno girovagare.


      Stile Rubens
      Omaggio a Pieter Paul Rubens (1577-1640). Pittore fiammingo nato a 
      Siegen in Vestfalia, soggiornò a lungo in Italia dove studiò 
      le opere dei grandi artisti del passato fondendo il loro stile 
      col suo, poi risultato ricco di sensualità e magnificenza.
      
      Le donne di
      Rubens avevano
      dentro il sole e
      la grazia di Venere,
      eleganti anche
      nella rivelazione
      di anatomie vistose
      ed anche le antiche dee
      vestivano barocco,
      come la dea Giunone
      accanto al decapitato
      Argo.
      Spettacolari scene
      in cui Sansone non
      era più Sansone e Dalila
      una semplice cortigiana
      del ‘600, le nudità
      barocche tra le pagine
      della Bibbia raccontata
      da Rubens.
      C’era Susanna e i 
      vecchioni, bellissima
      Susanna spaventata
      dall’oscurità di
      sguardi folli e poi,
      i costumi di quel
      tempo che Rubens
      amava dipingere come
      veri incorniciando
      
      il volto in esasperate
      gorgiere.
      Un velo di maestosità
      su ogni tela di Rubens
      dalla nobile maniera.
      

      Stile Rousseau
      Omaggio a Henri Rousseau (1844-1910). Pittore francese che iniziò 
      da autodidatta mentre lavorava come impiegato delle dogane e portò 
      avanti il suo linguaggio pittorico nella solitudine di artista 
      che seguiva il proprio istinto, non in linea con le correnti 
      artistiche del suo tempo da lui ignorate.
      
      Le grandi
      foglie della
      foresta di Rousseau,
      grandi come la
      porta della fantasia,
      boschi per i fanciulli
      che vogliono giocare
      in modo semplice,
      in modo naïf.
      Alte le piante e
      ben definite, persino
      l’oleandro rosa
      sembra spargere il
      suo profumo su
      una scena tragica
      di una tigre che
      assale.
      Le case mostrano
      il loro stupore al
      passaggio di un
      biplano che il
      tempo non vuole
      portare nel futuro
      e tutto si arresta,
      anche i portoni
      spalancati restano
      così come bocche
      
      spaventate.
      Il progresso sulle
      tele di Henri
      Rousseau era
      lento, anche un
      po' romantico
      ferito da una
      prospettiva mancante,
      nel cielo mongolfiere
      e dirigibili si chiedevano
      dove andare...

      Al Cubismo
      Fu proprio
      Cubismo
      in quella tela
      dagli occhi
      non conformi,
      la strategia
      smarrita, il volto
      ricostruito per non
      capire più la verità?
      Sì, era Cubismo
      dello stile di
      Picasso, prima
      blu poi rosa per
      trasformare in
      labirinto ogni cosa.
      Si pensava
      all’umano ma
      si guardava ciò
      che non lo era
      più, spezzato lo
      sguardo con la
      razionalità di
      sempre, ora la
      donna era in
      ogni dimensione
      e nello stesso
      istante rideva
      e piangeva.
      Ancora occhi
      non conformi
      in un ritratto
      non veritiero,
      la mistura dei
      ricordi in una
      realtà cubista.

    - VETRINA LETTERARIA -

     
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