Poesie di Giampaolo Fama
       Pagine: 44 
       Prezzo: 6,00 euro
       E-mail: pp1kss@libero.it
      

     

    PREFAZIONE

    Scrivere poesie, che senso ha nella realtà attuale in cui il tempo non basta neppure per svolgere le proprie attività quotidiane? Che senso ha impegnarsi per scrivere qualcosa che pochi leggeranno ed apprezzeranno? In un mondo dove tutto è consumismo e legge di mercato l’arte sembra essere stata messa da parte in quanto altro predomina l’uomo contemporaneo. È pur vero che l’arte, specie in passato, è stata occupazione di pochi, per chi se lo poteva permettere, però allora non c’era il livello di scolarizzazione d’oggi e tanto meno il benessere attuale onnicomprensivo del tempo libero che ognuno impegna a suo piacimento.
    È forse il caso di dire che l’arte, in  genere, è morta o sta morendo? Toglierci questo vuol dire toglierci quanto di bello ed inestimabile noi possediamo; vuol dire annullare la creatività per rivolgere il pensiero ad una realtà apparente perché è proprio questo, a mio avviso, lo scopo di chi, comunque sia, si rivolge ad un’attività creativa e non solo: farci scoprire il volto della verità che troppo spesso non vogliamo guardare in faccia preferendo non pensarci sopra. Una verità, che come già c’insegnavano gli antichi, è spesso annebbiata dalle nostre percezioni sensoriali.
    Ebbene, è appunto dentro ad uno scritto, un quadro o qualsiasi altro oggetto frutto dell’intelletto che noi riveliamo a noi stessi e alle genti chi siamo o vorremmo essere. È attraverso questa esperienza profonda,  non certo portata avanti per gioco, che ci avviciniamo al nostro inconscio senza volere nulla togliere ad altre scienze alle quali io stesso spesso mi rivolgo cercando una soluzione ai miei problemi.
    Personalmente ho cominciato a scrivere per bisogno, per riempire un vuoto che si faceva sempre più visibile ed inaccettabile. Nella poesia trovai un’amica a cui confidare i miei stati d’animo, le mie perplessità, e, sorpreso, scoprii quanto di più vero c’era in  me e in ciò che mi circondava.
    Non secondario, ciò che mi spinse ad abbracciare le lettere fu l’amore per la parola, per il linguaggio.
    A riguardo c’è chi pensa che la poesia, in particolare, sia una parte della letteratura riservata ad una élite di persone che hanno il gusto e la preparazione culturale per capirla.
    Io dico che, specie con la poesia del primo novecento, i poeti sono divenuti gl’interpreti dell’inquietudine dei tempi moderni, dai periodi di guerra a quelli di pace, accanto ai grandi narratori che abbracciarono la quotidianità, le vicissitudini di noi tutti, grandi o piccoli.
    È proprio quando un artista si fa portatore di una, molte voci inespresse, che si avvicina al grande pubblico perché in esso s’identifica ( perché non pensare a Gibran e all’influenza da lui esercitata sui lettori americani?) , forse è questa la ragione propria della letteratura: non solo essere esercizio tecnico ed estetico ma soprattutto esprimere ciò che la gente comune vorrebbe fosse detto.
    A riguardo amo ricordare le strofe di un grande poeta, Montale, che nei " Limoni " scrive: " i poeti laureati si muovono soltanto fra le piante dai nomi poco usati. Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi fossi ".
    Anch’io ho fatto questa scelta per cui al rigore formale preferisco la schiettezza d’animo a costo di cadere nel prosaico pur di arrivare ad esprimere ciò che veramente penso.
    Una ragione di più per tornare a sfogliare un libro, non solo di poesia; riscoprire la grande tradizione letteraria italiana ed europea immergendoci in quella dolce atmosfera che da una parte c’incanta con la sua dolcezza, dall’altra meglio ci rende il senso della vita.
    Con queste parole concludo la presentazione di questo mio modesto lavoro che però ho amato, come ho sempre amato la poesia, e portato a termine con passione, nella speranza di essere letto e comunicare anch’io un messaggio di pace e di speranza a chi vorrà perdere un po’ del suo tempo per leggermi.

        L'esistenza
        
        La nostra esistenza assomiglia ad una musica 
        Assordante che  mentre ci ruba al presente
        C’innalza verso una dimensione irreale
        Finché la realtà, bruscamente, ci precipita
        Dentro il vuoto delle nostre paure.
        
        La nostra esistenza è un continuo viaggiare
        A ritroso nel tempo per rivedere
        La nostra storia passata,
        Che naviga sospesa sopra di noi.
        
        La nostra esistenza rimane,
        Per noi che ce lo chiediamo,
        Un dubbio irrisolto!
        
        
         
        
        Il silenzio
        
        Nuovamente la luce del giorno si nega;
        È giunto il momento di rimettere nel cassetto
        La monotonia del giorno
        Per riproiettarmi verso un orizzonte immaginario
        In cui disperdere l’ansia di vivere.
        
        Al silenzio della sera che nella sua casa
        Mi accoglie rivolgo le mie parole
        Raccolte nel fondo dell’anima.
        
        Lontane sono le genti
        Che affollavano i marciapiedi
        Accanto a strade flagellate 
        Dallo scorrere delle automobili.
        
        Luci e fragori rimbombanti
        Che impediscono alla mente
        Di ritrovare l’armonia dell’essere.
        
        Amo la pace di tranquille passeggiate
        Lungo vie alberate; sprofondare le narici
        Nel profumo dei tigli perché è nelle piccole cose 
        Che si racchiude la semplicità della vita.
        
        Allora l’inquietezza del pensiero si allevia
        E si abbandona confortata dalla presenza
        Della Divinità che sempre accompagna
        Questa umana esistenza.
        
        
        
        
        Perplessità
        
        Chi mai sarà colui che con passo sicuro                       
        Avanza lungo il suo sentiero
        Non curandosi neppure della propria ombra 
        La quale ovunque lo segue?
        
        Chi mai potrà spiegarci
        Il perché delle  nostre perplessità
        Rivelandoci il volto della Verità
        Che camminandoci  accanto ci rivela
        Il vero che non riusciamo ad intravedere?
        
        No, forse non esistono Eldoradi felici
        In cui dimenticare questa noia traditrice:
        Essa ci colpisce alle spalle
        Proprio quando pensiamo di aver raggiunto
        La felicità che troppo spesso rimane celata
        Dietro i fasti di un’innocenza perduta.
         
        
        
        
        
        Quante volte
        
        Quante volte mi sono chiesto
        Quanto veloci siano le nuvole,
        Sempre più simili allo trascorrere
        Veloce e inafferrabile delle mie stagioni.
        
        Quante volte mi sono chiesto
        Quando lo spirito abbandonerà
        Questo mio corpo preso in affitto,
        Quale luce mai vista prima vedrò
        Con occhi che ora non ho!
        
        Quante volte ho sentito troppo stanco
        Il mio cuore per continuare ad amare:                                 
        Eppure l’ho fatto trovando nel sentimento
        La ragione per vivere. 
        

- VETRINA LETTERARIA -

 
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