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Scrivere, che passione! Ma poi bisogna... pubblicare
Ciao a tutti,
mi riferisco alla lettera di Roberto Sacco, sull'efficacia della scrittura nella cura della depressione. Sono assolutamente d'accordo. Scrivere dei propri sentimenti, emozioni, insicurezze... e ritrovare tutto questo, nero su bianco, a distanza di tempo e potersi confrontare col presente, è la migliore cura per guarire da quel male interiore che comunemente chiamiamo depressione, ma che è in realtà il male del vivere quotidiano e l'umana difficoltà ad affrontare dolori, sconfitte, frustrazioni.
Anch'io ho iniziato così, poi la scrittura è
divenuta una passione. Ho recentemente pubblicato una raccolta di
racconti che parteciperà al concorso Penna d'Autore. Che emozione vedere
il mio nome in copertina e una nota critica in quarta pagina dove si parla
di me, sì sì proprio di me, entrando nelle tematiche delle mie storie!
Ma alcune considerazioni mi vengono
ora spontanee e gradirei un parere di lettori ed esperti.
Come si può essere sicuri sulla validità dei
propri scritti? Chi ti può dare quella sicurezza, che è poi una spinta a
continuare a scrivere? Ciò che ho scritto a me piace, naturalmente,
altrimenti non avrei fatto i salti mortali per cercare di pubblicare. Amici
e parenti a cui hai regalato il libro? Bellissimo, ti dicono. E che altro
potrebbero dirti? Non mi è piaciuto, dedicati ad altro? Impensabile! La Casa
Editrice? Ha il suo tornaconto. E allora? Chi?
Qualche altro scrittore in erba si è posto le
mie domande?
Un caro saluto e complimenti per la rubrica.
Marta Folcia
A Marta Folcia rispondo: non inseguire a tutti i costi la pubblicazione... Un'opinione sul rilievo di Marta Folcia riguardo la scrittura. Modestamente credo che non vada inseguita la pubblicazione, a meno che non la si consideri un mezzo più grande di comunicare.
La scrittura è una cosa immensa:
fa riflettere, obbliga a pensare, impegna razionalmente e
sentimentalmente, fa crescere. Un concetto espresso bene non deve essere
visto come un fiore all'occhiello, ma come una conquista significativa.
Il nostro mondo ragiona in termini di
successo superficiale: applaude Dan Brown perché vende, grazie al
bombardamento dei media, non entra nel merito del suo valore. Dan Brown
scrive come uno scolaro di terza elementare, esprime concetti ridicoli,
maltratta la storia, umilia la religione.
Il sistema è alla sua stessa altezza, basta
vedere la televisione, ma è utile anche leggere i giornali: mai stati
tanto modesti.
Non c'è pericolo che si parli di Cardarelli,
di Prezzolini, di Papini, di Alvaro; fra gli stranieri di Bernhard, di
Bruno Schulz, di Wislawa Szymborska (forse la più grande poetessa
vivente). Una piattezza, uno squallore che invita, purtroppo, a
scribacchiare più che a scrivere.
Dario Lodi
La tutela degli animali in un decreto del Presidente della Repubblica
Per quanto riguarda il tema di Maria Teresa
Biasion Martinelli (i gattini) mi permetto ricordare che esiste un DPR
(un decreto del Presidente della Repubblica) che pone sotto la
responsabilità del sindaco in persona la tutela degli animali randagi.
L'ente protezione animali ha un compito consultivo. Non so quanto faccia
bene il suo lavoro. Non ci fossero i volontari (una benedizione del
cielo) i poveri gatti morirebbero sistematicamente di fame e di sete.
Una vergogna, una inciviltà intollerabile.
Ma ancora più grave è l'insensibilità di
molti comuni (specialmente del sud, dove anche i cani se la passano
davvero male: basta vedere Selinunte, la Reggia di Caserta) nei
confronti del problema: disattendendo un DPR offendono il Presidente
della Repubblica, cioè se stessi, cioè tutti noi.
È ORA DI VOLTARE PAGINA. TEMPESTIAMO I
COMUNI DI PROTESTE. MINACCIAMO IL SINDACO DI OMISSIONE D'ATTI D'UFFICIO.
SCRIVIAMO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, DICIAMOGLI QUANTO VIENE PRESO
SUL SERIO!
QUESTO VALE ANCHE PER IL TEMA DI NOVEMBRE
(CANILE DEL TERMINE DI SESTO FIORENTINO).
Dario Lodi
Date in beneficenza le
vostre poesie, e poi...
Ciao a tutti,
voglio raccontarvi brevemente una cosa molto
bella che mi è successa ultimamente. Durante l'anno ho pubblicato una
piccola raccolta di poesie dal titolo «Ronzio di Calabrone» (forse
l'avrete vista nella Vetrina dei
Libri). Ho regalato questo volumetto a diversi amici che sapevano di
questa mia passione per la scrittura e che a loro volta la amano. Da lì
sono nate alcune idee secondo me molto belle: una è quella di organizzare
una serata in una biblioteca della mia zona in cui alcune poesie verranno
recitate da un amico che si diletta di teatro e recitazione e accompagnate
al piano da un altro. La seconda è di mettere in vendita questo libretto
devolvendo il 50% dell'incasso in favore dei Medici senza
frontiere. Alcune persone, che mai avrei immaginato interessate alla
poesia o che l' apprezzassero, hanno acquistato il libretto e si
sono dette entusiaste al punto da ringraziarmi per averle scritte e la
cosa che più mi ha commossa e sbalordita nello stesso tempo è che alcune
donne mi hanno detto che si ritrovano esattamente nelle mie poesie e che
spesso le rileggono perché in alcuni momenti le trovano di conforto o
comunque di condivisione di sentimenti; addirittura una nonna mi
ha raccontato di aver passato una serata bellissima con la sua nipotina,
sdraiate sul lettone a leggerle e la bimba ha voluto sapere tutto di me.
Mi sento veramente gratificata e un po' indegna di tanta considerazione.
Grazie a Nicola Maglione e a tutta l'organizzazione che gli fa capo per
questa bella idea della pubblicazione a costi contenuti e quindi
accessibili, in questo modo tante ricchezze possono uscire dai cassetti.
Secondo argomento: ho letto la lettera di
Giuseppina Ranalli e anch'io come lei sono rimasta di primo acchito
sgomenta di fronte ai fatti presentati. Ad una riflessione più attenta mi
sono resa conto però che i giovani sono il prodotto degli adulti che
stanno dietro di loro. Non voglio certo demonizzare nessuno, perché,
essendo io madre di un uomo di trent'anni e di una ragazzina di 15, ben mi
rendo conto di quanto siano aumentate, in vent'anni, le difficoltà ad
essere adulto educatore. La società è così tanto mutata e ha tolto ai
genitori tanti strumenti di controllo che, pur apparentemente banali,
permettevano di sapere dei ragazzi qualcosa della loro vita fuori casa
senza essere troppo invadenti (il famoso controllo a distanza), esempio:
c'era un solo telefono generalmente in anticamera e tutti sentivano le
conversazioni di tutti, non si messaggiava, la posta arrivava col postino
e si vedeva da dove, c'era un solo televisore e le trasmissioni da vedere
si concordavano in famiglia, la fatica era ancora considerata una
condizione inderogabile per il raggiungimento di un risultato e di
conseguenza le cose conquistate avevano un valore e soprattutto portavano
con sé l'esperienza del lavoro svolto sia esso fisico o mentale; di certo
non c'era a disposizione tutta la strumentazione elettronica di «facile
consumo» di oggi. Detto questo credo anch'io che una punizione, e severa,
i ragazzi la meritino, ma la punizione per essere veramente efficace deve
essere educativa e quindi penso anch'io che il togliere i ragazzi della
scuola sia tanto come dire «la scuola non è ambito in grado di educare".
Ma allora, a parte la famiglia su cui anche lì ci sarebbe da disquisire
sui mutamenti che sono avvenuti nella concezione della stessa e quanto le
istituzioni siano in grado di dialogare con una realtà così differente, a
chi spetta il compito di educare e dico «EDUCARE» e non istruire? Forse
bisognerebbe partire da monte a correggere e non da valle a tamponare le
falle. Stiamo pagando le spese di tanti «NO» che non abbiamo saputo (o per
pigrizia o quieto vivere) voluto dire ai nostri figli fin dai primi anni
di vita. Voglio dire che genitori e insegnanti ed allenatori sportivi e
animatori dell'oratorio e via via, dovrebbero trovarsi e fare il punto non
sui ragazzi, ma sul proprio essere adulti e cosa significa questa
condizione per loro, e quali responsabilità comporta: in breve mettere in
gioco se stessi coi propri limiti, difficoltà, carico di esperienze
positive e negative. Altrimenti tra un anno i ragazzi sospesi dalla
scuola, o quelli ai cui genitori hanno tolto la casa per pagare i danni,
non solo avranno maturato sentimenti di rancore e di rivalsa nei confronti
degli adulti, ma saranno anche circondati da adulti che nutriranno molta
diffidenza nei loro confronti, perché timorosi di doverne fare le spese di
future malefatte. E nella diffidenza non si cresce si alimenta solo
disistima che può portare lontano.
Mi scuso per la lungaggine, ma quando scrivo
mi lascio sempre prendere la mano.
Auguri a tutti di Buone Feste e grazie a chi vuole alimentare questi scambi di idee. Danila Zaninelli
La voglia di esserci è il suo forte
Illustrissimo Dottor Nicola Maglione,
NOVEMBRE è il mio MESE-NO:
- i bioritmi sballano;
- non riesco a scrivere niente;
- non vinco alcun premio letterario;
- invio messaggi ed e-mail... ma nessuno
risponde;
- ... e altre amenità.
Quindi NON HO assolutamente NIENTE DA DIRE, e
mando questa «comunicazione» soltanto per «ESSERCI» anch'io tra gli
Amici che vogliono inaugurare la Posta degli Autori e partecipare al
plauso per l'intelligente iniziativa.
Mi riservo di farmi vivo in mesi più
favorevoli con cose di maggiore 'sostanza' (... almeno spero!).
Un cordialissimo saluto a Lei e a tutti i
partecipanti al forum.
Fabiano Braccini
I
coniugi di Cogoleto, gli Italiani e la Bielorussia: Cari amici, nella faccenda della bimba della Bielorussa (Mascia) e dei coniugi di Cogoleto, almeno per quanto ne ho sentito parlare e ho ascoltato a riguardo, mi sono rimasti alcuni dubbi per me fondamentali per non confondere le idee alla gente che è costretta ad ascoltare le campane e i tromboni di una sola parte. Il primo dubbio è: in quale lingua i due coniugi ospiti hanno potuto raccogliere da Mascia le notizie, le informazione e i dati che poi hanno riportato come veri visto che è difficile credere che costoro parlino il russo (o il bielorusso) altrettanto bene quanto Mascia o viceversa che Mascia parli altrettanto bene l’italiano. Certo, attraverso gli interpreti ciò sarebbe possibile… trovandoli e pagandoli! Il secondo dubbio è: all’età di Mascia quanto è possibile distinguere un gioco a sfondo sessuale da una vera e propria sevizie o da una violenza con tanta sicurezza? Noi abbiamo dato per scontato quanto dichiarato da questa bimba, sempre attraverso quanto detto dai coniugi che facevano da portavoce, pensando al lato peggiore e non ci siamo resi conto che all’età pubere o prepubere questi giochi sono normalissimi e comunissimi ed è difficile dire fino dove il gioco sconfina nella realtà perversa e volontaria! Il terzo dubbio è: Si è parlato di orfanotrofi in condizioni pessime riferendosi, nella mente di chi ha emesso tali giudizi, ad un’esperienza e tecniche nel campo della protezione dell’infanzia senza genitori in un modello, d’altronde inesistente (ripeto: inesistente!), di istituto dove i bimbi ricevono assistenza a piene mani e sono pienamente sostenuti a livello psicologico dal personale addetto! Mi domando: dove si trova questo orfanotrofio come quello auspicato per la Bielorussia, qui in Italia? Non voglio fare qui il trombone che tuona contro colpevoli non ben identificati per un delitto costruito sul niente, ma vorrei sottolineare che non parlo a vanvera. Sono sposato dal 1992 con una bielorussa, parlo russo come l’italiano, frequento la Bielorussia da molto tempo e, guarda caso, mia cognata è la direttrice del Detskii Sad 154 di Minsk dove appunto si accolgono gli orfani dei tre tipi canonici: biologici, giudiziali ed economici! Parlando e visitando con lei il luogo e i ragazzi (circa un centinaio da 3-4 anni fino a 16 anni di età), mi si disse allora una cosa fondamentale senza la quale il problema del finanziamento di queste istituzioni da parte dello stato bielorusso è incomprensibile. Quando c’era cioè l’URSS i bambini erano mandati fino alla maggiore età (ma anche dopo, sebbene in altri modi) a spese dello stato sovietico nei cosiddetti sanatori a passare le vacanze d’estate, al mare in montagna o in pianura. Tutto naturalmente a spese dello stato e con un simbolico contributo delle famiglie. Oggi questo non è più! Le famiglie devono organizzarsi per le ferie come possono con i propri mezzi e molti ragazzi devono rinunciare spesso a queste vacanze… Ed ecco che la disgraziata vicenda di Cernòbyl’ ha capovolto tutta la situazione! Non solo c’è la scusa buona per mandare i ragazzi di nuovo in vacanza “sotto l’Alto Patronato dello Stato Bielorusso”, ma addirittura all’estero e gratis! E non solo! La Bielorussia ha una compagnia aerea di bandiera, cioè statale, BELAVIA che proprio con i viaggi quasi giornalieri per quattro mesi di fila e forse più diretti in varie città europee con i bimbi che vanno e poi ritornano, visto che il viaggio è pagato dalle associazioni ONLUS a prezzi di mercato (200 €), guadagna tutto quello che non avrebbe mai sperato di incassare col limitatissimo traffico che questa nazione ha col resto del mondo! Dunque il business è grosso e dura ormai da molti anni e la faccenda è delicata! Se il governo bielorusso dovesse mettere in forse le relazioni (quasi uniche!) con l’Italia, correrebbe il rischio di guastarle anche con le altre nazioni europee che accolgono i suoi bambini (Francia, Germania, Olanda, Grecia ecc.), per colpa dell’episodio Mascia! Il problema quindi va messo e visto in questo contesto e la coppia che lo ha provocato, posso già immaginare perché l’abbia fatto! Ha tentato prima l’adozione anni fa e subito si sono presentati i soliti faccendieri e portaborse locali o italiani corrispondenti i quali per una certa somma hanno promesso di affrettare l’iter burocratico. E’ stato pagato e niente è avvenuto! Che fare? Ricorrere al clamore! Dunque, trovato un leguleo che ha studiato gli eventuali risvolti negativi, ha consigliato il cosiddetto rapimento trasformato per gli occhi del pubblico in una specie di protezione della bimba, ispirata alla coscienza, all’etica “cristiana, “umana”, “logica” per un piccolo essere umano perseguitato, abbandonato e seviziato! La coppia sapeva già che un’azione del genere le avrebbe precluso per sempre qualsiasi ulteriore contatto con il contesto bielorusso, ma ha sperato in circostanze che favorissero l’esito dell’impresa quali (posso immaginarlo!): ricorsi internazionali, clamore dell’opinione pubblica europea, emozioni intense del pubblico e magari un intervento del Papa o del cardinale polacco-bielorusso di Minsk (che, detto fra noi, conta pochissimo rispetto all’eparca Mons. Filarete). Né correva grandi rischi questa coppia: Mascia sarebbe stata comunque rilasciata entro i canonici tre mesi del soggiorno permesso all’estero! Sapeva bene che non poteva denunciare nessuno per vie legali per maltrattamenti su minori, visto che la Bielorussia non ha firmato trattati con l’Italia a questo riguardo. Era però l’ultimo tentativo e, con un magistrato ingenuo o voglioso di vivere un evento legale nuovo ed intricato, si è lanciata allo sbaraglio. Io ho visto l’orfanotrofio di mia cognata e, a parte le spese che si coprono a mala pena con i sussidi statali, a parte le donazioni degli Americani, a parte gli sforzi del personale che deve sfibrarsi ogni giorno psicologicamente per tenere in armonia tutti i ragazzi. A parte tutto questo, l’orfanotrofio funziona egregiamente, spartanamente e i bimbi diventano adulti forse prima di altri, ma comunque non peggiori. Certo che i maschi e le femmine giocano insieme, ma è stato sempre così e di episodi violenti, salvo liti fra coetanei, ce ne sono pochissimi! Quanto alla maledetta violenza sessuale, è anche possibile che ciò avvenga, ma è umano anche se negativo. Per la nostra mentalità cattolico-bigotta basta il sospetto per far scattare la molla della condanna anche senza prove! Dico questo perché anche a Cernusco sul Naviglio una ragazzina bielorussa si è trovata incinta di un cassinese più grande di lei… Aldo C. Marturano
Grande successo per il volume dedicato a «I Grandi Classici della Poesia Italiana»
Gent.mo Dr. Nicola Maglione, dopo aver letto attentamente «I Grandi Classici della Poesia Italiana» del Duecento, desidero complimentarmi vivamente con tutti coloro che hanno collaborato a questa iniziativa, per il lavoro svolto con professionalità. È un'opera davvero squisita che, oltre a farsi leggere tutta d'un fiato, è un vero gioiello dell'editoria italiana. L'ho presentata qui nel circolo cittadino di Capitignano (SA) in una serata dedicata alla poesia, e abbiamo letto alcune delle liriche pubblicate che sono state molto apprezzate dagli ospiti. Per questo desidero partecipare nuovamente al Premio Letterario Internazionale «Trofeo Penna d'Autore» con l'auspicio che una delle mie poesie venga scelta per essere inserita nel volume dedicato al «Trecento». La saluto con stima e amicizia. Rita Angelina Dipino Rossi
Due forestieri alla Fiera del Libro di Pola
Alcuni giorni fa si è conclusa la Fiera del Libro a Pola. Una delle rare occasioni in cui questa addormentata città mediterranea in cerca di identità si risveglia dal sonno invernale in cui tutti i giorni sono uguali uno all'altro. Anche le foschie sono come quelle di ieri… Sempre uguali, pesanti e indifferenti si trascinano per le vie ed entrano nelle ossa dei passanti che rincorrendo la gioventù perduta vanno da sportello a sportello nella speranza che lo Stato li ricorderà almeno in questo periodo natalizio concedendo loro qualche soldino in più sulla loro misera pensione. In quest'atmosfera si è tenuta una grande (per le circostanze locali) fiera del libro che è stata degnata della presenza di Umberto Eco. Purtroppo quel giorno quando Eco è stato ospite alla fiera io, spinto da motivi di pura sussistenza, sono stato fuori Pola e non sono riuscito a rientrare in tempo per vederlo ed ascoltarlo. Una delle poche cose che avrei volentieri ricordato in quest'anno. Sebbene, anche essendo a Pola, difficilmente avrei avuto l'occasione di avvicinarlo, o addirittura di conoscerlo con tutte quelle persone più idonee di me. Però mi dispiace lo stesso. Tuttavia, spinto dal senso di colpa, l'uomo spesso cerca di rimediare facendo qualcosa che sia simile a ciò che gli è sfuggito. Così anch'io ho deciso di seguire con attenzione altri eventi alla fiera. L'occasione ideale per rimediare è stata la presentazione dell'antologia bilingue di poesia contemporanea italiana e croata «Versante solatio della terra», tradotta dal mio amico Srda Orbanic. La presentazione si è tenuta sul palcoscenico della sala centrale della Casa dei difensori croati, ex circolo ufficiali dell'esercito austriaco, poi italiano e fino a qualche tempo fa anche quello jugoslavo. Gli eserciti vanno e vengono, i circoli restano. Anche la poesia, tutta stralunata in quel magnifico edificio militare in cui ancora si sente l'odore delle divise e dei saluti d'ordinanza. La presentazione è iniziata con lunghe introduzioni di alcuni teorici che avevano un gran da dire sui problemi della traduzione letteraria. E nessuno ha chiesto niente al traduttore lì presente. Attorno a loro giornalisti seguivano con attenzione prendendo appunti. Ho pensato che è un bene che esistano cattivi teorici e critici letterari ancora peggio perché se non ci fossero loro, oggi saremo privati di alcune massime personalità del mondo letterario. Io in verità sono venuto ad ascoltare Luko Paljetak e alcuni altri poeti che dovevano declamare le loro poesie. E anche per Srda, chiaro. Ho poi conosciuto un uomo della Bosnia, Muhamed che fa il professore e siccome da quelle parti la religione e l'etica non vanno a braccetto ma sono spesso in collisione, Muhamede rimase senza il posto di lavoro. E così da professore diventò manovale edile con un lavoro precario a Pola. Per essere precisi, senza lavoro senza arte né parte, perché due giorni prima lo ha preso la polizia in un cantiere e visto che non aveva il permesso di soggiorno e di lavoro gli ha intimato l'espulsione dalla Croazia. E come mai era ancora qui? Mio amico rise a squarciagola spiegandomi che Muhamed potrebbe rimanere anche per anni in Croazia a condizione che altrettanto duri anche la fiera del libro. Non esiste la polizia a cui verrebbe in mente di cercarlo in quel posto. E cosa faceva alla fiera? Dal primo mattino quando la fiera apre, Muhamed arriva e passa tutto il giorno nelle sale. Legge libri, ascolta le presentazioni dei nuovi libri. Sempre da sotto il palcoscenico, alcuni mentre dai protagonisti e dai loro invitati. Nell'angolo, sotto il manifesto di Gunther Grass. Il mio amico diceva di avergli parlato quando alla fiera era venuto Umberto Eco e di aver concluso che Muhamed sapeva di Eco molto di più di quelli che Eco l'avevano invitato. Purtroppo, ad alcuni il sapere e' d'aiuto, per altri è uno svantaggio, constatò. E come mai gli hai parlato, chiesi. Perché sapeva, se venivo alla fiera, che avrei subito notato Muhamed, mi disse sorridendo. Anche se, era convinto che non sarei venuto, ma già che c'era… È finita la fiera del libro a Pola. Se ne sono andati sia Umberto Eco che Muhamed. Ognuno per la sua strada e nel suo paese. Il primo è stato accompagnato da meritati plausi, il secondo è stato accompagnato dalla polizia al confine con la Bosnia. E così, ci fu una fiera del libro in una città dimenticata in un tempo perduto; una fiera di mediocrità, di vanità, una fiera per amanti del libro e conoscitori di Umberto Eco. Una fiera che almeno per alcuni giorni a un'anima perduta ha offerto l'asilo spirituale e fisico. Una fiera che per questa ragione mi rimarrà cara nella memoria. Alla fine, una domanda. Cercate di immaginare l'impossibile: cosa sarebbe successo se Muhamed fosse nato in Italia e Umberto Eco in Bosnia? Non provate a immaginarlo. E? Tuttavia tempo di festa in cui si dovrebbe… Ah, sì. Se vi arriva tra le mani quell'antologia dell'inizio della storia, leggetela. E se per caso incontrate Muhamed, chiedetegli che libro aveva nella mano sinistra quella sera alla fiera. Drazan Gunjaca |